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Uno sguardo sul canale

  29 gennaio 2020 Canale

CarpaC’è un punto in mezzo alla campagna (45°20’26.4″N 12°06’09.2″E) dal quale si dipartono quattro strade in terra battuta. Più che strade sono carreggiabili che corrono lungo i campi della pianura, solcate in genere da carri e macchine agricole. La casa più vicina sta a qualche centinaio di metri e in alcune direzioni per trovare un tetto, ancorché diroccato, bisogna camminare per chilometri.

 

Se si arriva da ovest, il quadrivio sta proprio dopo un ponte su un piccolo canale. Proseguendo verso est ci si inoltra in una specie di golena ricoperta da alte piante di tifa, che qui chiamano mazze sorde o mazze da tamburo. Svoltando a nord appena superato il piccolo ponte si costeggia per chilometri l’argine del canaletto, stretti tra la riva e i campi, ora coltivati a mais ora a erba medica. Svoltando a sud invece si sale, lasciando a destra le paratie di una chiusa, e si sale per qualche decina di metri sopra l’argine di un grande canale che più avanti si unisce a un altro e sfocia nella laguna attraverso enormi chiuse idrauliche.

 

Tornando indietro di qualche decina di metri dal quadrivio sulla sinistra oltre il fossato c’è un grande campo coltivato e sulla destra un piccolo canneto al riparo del quale scorre un altro piccolo canale che sfocia poco dopo vicino alle paratie delle chiuse, formando un trivio di canali. È proprio dietro – oltre il canneto, dove i pesci vivono indisturbati – che i pescatori preferiscono posare sul fondo le loro reti.

 

Proprio lì, al quadrivio, abita il mio cuore di bambino. Ho vissuto per metà della mia vita a 500 metri da un canale. L’altra metà a 50. Anche volendo mi riuscirebbe difficile non rappresentarmi che cos’è un canale.

 

Un canale artificiale è un alveo a pelo libero (una condotta aperta), almeno in parte opera dell’uomo, in cui scorre dell’acqua generalmente usato per l’irrigazione, come via navigabile o come scolmatore idraulico.

 

Per 1400 anni i canali dalle mie parti sono serviti essenzialmente a creare una via di trasporto e un collegamento per gli scambi commerciali con la capitale, che allora non era Roma ma Venezia. I canali che solcano la campagna dove ho abitato da bambino sono il primo posto in cui abbia mai gettato una lenza o usato una rete.

 

Ho cominciato con canne fatte di «canna», letteralmente la specie di canna che si trova nei giardini o dietro le case in questi posti. Queste sono state le mie prime canne da pesca, attrezzate con un pezzo di nylon legato in punta e un galleggiante di sughero grezzo.

 

C’era un tipo che viveva a casa dei miei che pescava carpe nei canali attorno al fiume Brenta e tornava sempre con prede enormi che appese al manubrio della sua Vespa strusciavano letteralmente le code per terra quando le portava a casa.

 

Fui colpito da quelle immense prede e decisi che sarei andato a pesca pure io. Le prime volte non presi un granché ma a quel tempo suppongo che fossi più interessato alla pesca in sé piuttosto che alle catture.

 

I canali hanno rappresentato dei luna park che scorrevano tra le varie aree agricole e produttive. E inoltre davano riparo a molte creature che mi piaceva osservare. Trovavo grandi tritoni palmati e ornati di pennacchio e c’era molta attività di uccelli. Ho costruito zattere e calato reti e suppongo che questo sia il primo posto dove è nato il mio interesse per la fauna e la flora protetta, l’osservazione degli uccelli e la pesca.

 

I nostri canali anche se scorrono in un territorio a volte molto urbanizzato sono sempre stati molto ricchi di pesce. Non c’erano molte carpe allora, ma c’erano molte tinche, persici, carassi e scardole (oltre ai lucci). Ho faticato a imparare all’inizio. I lanci erano maldestri e gli ami troppo grandi. Prendere un pesce, qualsiasi pesce, è stata un’esperienza incredibile! La mia prima cattura in assoluto è stata un persico sole. Le tinche e i carassi sono venuti poi. I pesci non erano grandissimi ma ho imparato molto sull’ambiente palustre. C’erano piccoli bacini e golene dove serviva una barca per arrivarci che erano luoghi ideali per la pesca. C’è anche una riva franata che aveva creato una specie di isola staccata dagli argini che produceva un canale nel canale, o meglio lungo un suo lato dove ho fatto catture memorabili di boccaloni … e una buona nuotata una volta che la banchina mi franò sotto i piedi!

 

La parte triste fu che dopo che mi sposai e lasciai la zona, i canali furono molto inquinati. Ci scherzavo su pensando che neppure i ratti avrebbero più vissuto là. È stato per molto tempo un ambiente terribile, pieno di scoli chimici e improvvisamente silenzioso per la decimazione della fauna locale.

 

Oggi, i canali sono sulla strada del risanamento. Il lavoro fatto su di loro è stato fantastico e sono probabilmente più belli adesso di quanto non lo siano stati mai. Alcuni canali in aperta campagna hanno scorci incredibili e assomigliano quasi a dei fiumi. Ma c’è anche una bellezza «urbana» quando si pesca vicino a chiaviche, sbarramenti o chiuse in ferro ancora fabbricate come nel passato. Molti manufatti e strutture metalmeccaniche vecchie non sono cambiate affatto o presentano appena qualche modifica – una volta le cose venivano costruite per durare.

 

Più avanti nella mia vita sono ritornato e ho visitato il canale dove avevo gettato la mia lenza la prima volta. È stato il panorama più bello di sempre! Il canale era stato pulito e le rive ristrutturate; i ponti rimessi ancora in buone condizioni; ho trovato fagiani, gallinelle d’acqua, tarabusi e folaghe, persino qualche martin pescatore e rane (quasi scomparse all’epoca dell’uso intensivo dei pesticidi), donnole e poi canne palustri e mazze di tamburo oltre a libellule, farfalle e tutte le altre specie di vita d’insetti. L’acqua non è mai stata così ricca! Sono ritornato in quel primissimo posto in cui avevo mai pescato e là ho preso persici, carassi, scardole e una buona tinca.

 

I canali sono adesso nella migliore condizione di quanto siano mai stati in tutta la mia vita. Ospitano sempre molto pesce e anche molti soggetti di discrete dimensioni. Quasi non si crede al pesce che si trova e i veri specialisti della pesca in canale fanno alcune catture fantastiche. Nella mia area ci sono di nuovo tinche e lucci. Ho catturato carassi, persici e anguille da chilo. Ci sono carpe – alcuni amici ne hanno catturate di svariati chili – ed è strano pensare che in questi giorni ci sono probabilmente più cavedani da due chili nei canali della Pianura Padana che nel Fiume Brenta, nell’Adige o nel Po.

 

Parlo di pesca di classe superiore. Non c’è alcun dubbio, quando si fa una passeggiata o si va in bicicletta lungo l’argine di un canale e ci si allontana un chilometro dall’ultimo ponte, probabilmente si trovano posti in cui nessuno ha mai calato una lenza. I canali sono adesso di gran lunga la parte più consistente della scena della pesca sportiva moderna. Quasi tutti i metodi funzionano. Si possono utilizzare le boilies o la canna fissa, si può provare lo spinning, la pesca al lancio o perfino la passata provando a scandagliare la corrente che esce dagli sbarramenti.

 

Non sto esagerando: al giorno d’oggi, i canali non sono così sterili come erano una volta. Queste sono ottime acque da pesca con pesci praticamente mai catturati. Una volta imparate le strade verso il canale e dove stanno i pesci, si potranno godere alcune battute favolose da condividere con i propri amici o solo per sé stessi. Quindi godiamoci i canali per quello che sono. Questo non è uno spot pubblicitario su dove prendere carpe da trenta chili. Questi sono bei posti per pesche favolose e spesso in acque mai frequentate.