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Roma e la fotografia

  26 febbraio 2020 Banner Roma

Duomo di OrvietoAndai per la prima volta nella capitale in gita scolastica alla fine delle scuole medie. Facemmo tappa ad Orvieto dove la prima impressione fu come facesse a trovarsi una cattedrale così imponente in una piazzetta tanto striminzita e completamente circondata dai quartieri della città. Una sensazione analoga la ebbi con la fontana dei Trevi: enorme in una piazzetta che a stento la conteneva.

 

Al di là di questo fu anche la mia prima esperienza di fotografo in trasferta. Avevo una piccola macchina fotografica completamente meccanica (recuperata da mio padre non so come), ancora in un formato precedente ai 35 mm, con la quale scattai decine di foto in bianco e nero ai vari monumenti che visitavamo. Erano inquadrature che sfruttavano per lo più la prospettiva anche perché gli interni non potevo fotografarli perché di soldi per acquistare un flash non ce n’erano.

 

La gita durò tre giorni e fu – oltre che una esperienza estremamente eccitante per un ragazzo che veniva dalla campagna – anche un buon addestramento per le riprese fotografiche. Nel tempo ebbi poi altre macchine fotografiche semi-automatiche fino alla portatile digitale che uso attualmente per ritrarre immagini che servono per i miei libri.

 

Il bello delle fotocamere moderne è che hanno memorie mostruose che consentono di girare per giorni senza preoccuparsi di rullini e numero di scatti possibili. Così dopo un po’ si diventa come un tipico turista giapponese.