Lasciate ogni speranza voi ch’entrate
20 febbraio 2020
Il canto terzo dell’Inferno di Dante Alighieri ha come ambientazione l’Antinferno, ovvero il luogo dell’oltretomba dove sono tenuti gli ignavi e che precede l’entrata dell’Inferno vero e proprio.
Nell’Antinferno le anime dannate si preparano ad oltrepassare il fiume Acheronte per raggiungere l’Inferno vero e poprio in cui sconteranno la pena stabilita in base al peccato compiuto in vita.
Dante e Virgilio, all’inizio del canto, si trovano di fronte alla porta dell’Inferno e il verso «lasciate ogne speranza, voi ch’intrate» è quello che chiude l’iscrizione posta sulla sua sommità e che i protagonisti leggono:
«Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate».
Le parole impresse sulla porta infernale ammoniscono chi sta per entrare che quel luogo di pena è eterno.
Questa è la terzina che trovai scritta un bel giorno sulle porte di entrata del refettorio del collegio che frequentai da ragazzino. Così strutturata con riferimento alla monotonia dei menu:
«Lasciate ogni speranza,
o voi ch’entrate,
qui non si mangia
che tonno e patate.»
Comunque non era sempre così. C’erano anche i menù serali dei giorni festivi ce ci toccavano prima della proiezione cinematografica domenicale. Alcuni esempi:
- cavolo verza bollito, con marmellata di albicocche
- tavoletta di cioccolato, con salame affettato
- budino crema/cacao, con prosciutto cotto (sempre affettato)
- fetta di formaggio, con cioccolato spalmabile
Non si può dire che in cucina mancassero di fantasia.