Libri & Natura Il sito di Mario Canton

Esox lucius & Pleurotos ostreatus

  27 gennaio 2020

SbriseDa quando ho aperto questo blog non ho ancora parlato di pesci.

 

In verità è da un po’ che non frequento più le rive dei fiumi, ma l’ho fatto per talmente tanto tempo, che è diventato un aspetto “normale” del mio tempo libero e della mia vita.

 

In questo periodo invernale nella Bassa Padana di nord-est, tra i soggetti che si possono pescare anche nel periodo invernale, c’è il luccio (Esox lucius).

 

Il primo incontro che ho fatto con un luccio non è stato proprio un’esperienza tranquilla.

 

Ero entrato in una buca formata dall’incontro di due fossati all’angolo di un campo coltivato a erba medica (forse se vado su Google posso anche mettervi le coordinate del posto esatto). Avrò avuto, sì e no, dieci anni e stavo andando a funghi per la campagna.

 

Scorsi una enorme fioritura di sbrise (Pleurotus ostreatus) su una ceppaia che stava sulla riva opposta del fossato e l’unico modo per arrivarci era entrare in acqua. Era settembre per cui l’acqua non era ancora molto fredda e così decisi di entrarci dentro per arrivare sulla riva opposta.

 

L’acqua dalle mie parti sale e scende molto velocemente, per cui spesso i pesci che risalgono dalle chiuse sui canali rimangono intrappolati finché il livello dell’acqua non risale alla prossima pioggia.

 

Fu così che non appena arrivai a poggiare i piedi sul fondo melmoso del fossato, uscì con un guizzo da sotto un cespuglio di erbe acquatiche fermandosi di botto a mezzo metro dal mio stomaco un luccio di ragguardevoli dimensioni mettendo in mostra una bella ghiera di denti aguzzi.

 

L’avevo chiaramente disturbato invadendo il suo limitato territorio e pensavo velocemente a come togliermi da quella situazione. Il morso di una bestia del genere non è esattamente un piacevole ricordo che uno vuole mantenere come esperienza di vita.

 

Per fortuna (sfacciata) correva sopra la mia testa il ramo di un salice (albero che frequentemente abita le rive dei fossati) per cui alzai le mani e, sperando che mi tenesse, tirai su le gambe fuori dall’acqua a tutta velocità proprio mentre il luccio caricava.

 

Mentre il pesce spariva tra la vegetazione e l’acqua che avevo intorbidito tirando fuori i piedi dal fondo melmoso, mi ritrovai a oscillare a mezz’aria come un trapezista da circo e riuscii a saltare sulla riva opposta.

 

Così riuscii a salvarmi dall’attacco del luccio, raccogliere i miei funghi e fare un giro enorme per non dovere riattraversare il fossato. Recuperai la mia bici e me ne tornai a casa, dove mamma fu felice di vedere i funghi e li preparò per cena.

 

Mamma non seppe mai di questo incidente e ormai non lo potrà più sapere, perché se n’è definitivamente andata qualche anno fa. Ciao mamma.