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De brevitate vitae

  1 marzo 2020 De brevitate vitae

Lucio Anneo SenecaNon so per quale meccanismo, di cui mi sfugge la logica, mi sono ritrovato iscritto a uno di quei blog internazionali che giornalmente, puntuali come una goccia penale, ti fanno avere in e-mail una selezione delle notizie più cliccate – stavo scrivendo gettonate, ma mi sono accorto che l’espressione è tipica di gente che era giovane qualche decennio fa.

 

In una delle ultime selezioni di notizie spiccava un titolo che mi ha incuriosito, essendo un amante della lettura, che diceva, più o meno, «10 libri sconosciuti che dovresti leggere». Sono andato a leggere la notizia e non vi dico la sorpresa per quello che ho trovato.

 

Capisco che in un era dominata dalla tecnologia le notizie sensazionali vengano dall’elettronica e dall’informatica, ma leggere che una della grandi scoperte letterarie del giornalista che aveva composto il pezzo – e di cui consigliava vivamente la lettura – era De brevitate vitae (Sulla brevità della vita, decimo libro dei Dialoghi) di Lucio Anneo Seneca (49 d.C.) mi ha lasciato alquanto interdetto.

 

Ho letto (o meglio studiato) il componimento di Seneca come esercizio nei primi anni di latino alle scuole medie (quando ancora si studiava latino). Ricordo ancora la copertina del testo bordata di viola funerario (in tema con l’argomento). Sentirlo citare come lettura «alternativa» sembra alquanto sorprendente.

 

Forse questo è un segno dei tempi. Dopo una scorpacciata di decenni di notizie sul progresso dei tempi siamo tornati a meditare sulle nostre radici. Lo stoico e romano Seneca arriva a dare a un amico – il cavaliere Pompeo Paolino, che aveva l’importante incarico di prefetto dell’annona (cioè d’allestire la raccolta e distribuzione di grano per l’intera città di Roma) – il consiglio epicureo e antiromano di lasciare la vita pubblica e fare vita ritirata.

 

Seneca fa coincidere la breve vita, con le occupazioni vane come la vita sociale e politica su cui si fondava Roma, le cui le occupazioni d’ogni tipo non erano secondo il suo parere, che spreco di tempo e dissipazione di sé, a cui il tempo invece dovrebbe essere dedicato.

 

Strano che dopo 2000 anni di storia qualcuno senta oggi il bisogno di consigliare una simile lettura. Forse la frenesia di tutti i giorni sta producendo un logorio che induce alla riflessione.