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L’orchestra in tasca

  21 febbraio 2020 Banner musica portatile

NoteNegli ultimi cinquant’anni, la tecnologia ha così modificato il concetto stesso di «ascolto» che anche i nostri gusti e le nostre tendenze di genere sonoro si sono modificate; se il mondo è diventato sempre più ‘mobile’, con i servizi incentrati sull’utente e non più il contrario, anche la musica ha seguito il passo, perché la musica ha sempre seguito la tecnologia da cui dipende.

 

Verso la prima metà degli anni ’50, apparvero i primi giradischi portatili, veri e propri antenati dei nostri iPod e lettori MP3 vari. Funzionavano a batteria e molti modelli erano incorporati nella radio delle autovetture. Ebbe successo fino agli inizi degli anni ’70, quando la tecnologia dei nastri magnetici cominciò ad essere disponibile ad un costo di mercato accessibile.

 

I costi di produzione e commercializzazione dei nastri magnetici divennero economicamente convenienti solo verso la metà degli anni ’60. La tecnologia a nastro magnetico, ora soppiantata dai mezzi di memorizzazione digitale, si è rivelata un sistema versatile, applicabile in svariati contesti e questo bastò a convincere svariati produttori a rivolgersi alla tecnologia magnetica per la diffusione della musica su larga scala.

 

Negli anni ’80 – decennio della disco-music – un nuovo standard irruppe di prepotenza nel mercato musicale: il leggendario – e ora ricercatissimo da collezionisti ed amatori – Stereo 8. Una innovativa mono-bobina di nastro magnetico ad otto tracce, con l’insolita caratteristica (per l’epoca) di poter essere riprodotta a ciclo continuo. La bobina era contenuta in una cartuccia in plastica. Il ciclo continuo, la compattezza e la grande portabilità ne fecero lo standard tra le industrie musicali per lo scambio del materiale musicale.

 

Iniziò anche la vendita al dettaglio e fu un successo. La musica era di ottimo livello, in stereofonia (le otto tracce venivano lette due alla volta) e grazie alle dimensioni contenute fu montata sulle autovetture. Lo Stereo 8 non riuscì però ad imporsi come standard assoluto del mercato per la quasi contemporanea uscita della musicassetta – lanciata dalla multinazionale olandese Philips – di ingombro molto più contenuto e con un nastro di dimensioni maggiori che diventerà lo standard di mercato in breve tempo e ci resterà per molti anni.

 

Nelle musicassette, in un rivestimento protettivo plastico, un nastro magnetico era arrotolato su due bobine e tenuto in tensione tra loro in modo che una testina potesse leggerlo mentre si arrotolava da una bobina all’altra. Era possibile incidere due tracce, una per ogni senso di scorrimento. Ciò prese il nome – divenuto famoso negli anni – di lato A e lato B.
Philips permise una produzione all’ingrosso delle musicassette a prezzi decisamente concorrenziali. La musicassetta conobbe una vera e propria popolarità di massa dal 1970 in poi, la sua ascesa diventò inarrestabile, complice anche il fatto della sua estrema duttilità e della miriade di registratori/riproduttori che le industrie del settore immisero nel mercato.

 

Le musicassette soffrivano di un problema di fondo, comune a tutti gli altri sistemi a nastro: lo spessore del nastro diminuiva all’aumentare della sua lunghezza, rendendo quindi molto più probabili e frequenti le rotture delle bobine. Succedeva la stessa cosa con le videocassette VHS, fino all’avvento delle tecnologie digitali.
Comunque le musicassette soppiantarono quasi totalmente il disco in vinile, almeno a livello di ascolto amatoriale. Il nastro poteva contenere non solo dati audio, ma un po’ di tutto.
Tanti calcolatori degli anni ’70 e ’80 (Commodore 64, ZX Spectrum, ecc.) usavano le cassette per caricare i loro programmi. Ovviamente la musicassetta divennero il formato perfetto per le automobili.

 

Vendutissime fino all’inizio degli anni 2000, anche se in affanno dietro al successo planetario del CD, le musicassette comunque sono ancora prodotte, seppur in quantità molto ridotta rispetto al passato. Molto del successo del formato fu determinato dalla miniaturizzare del riproduttore che appare alla fine degli anni ’70 e che diventerà l’icona mondiale della musica degli anni ’80: il Sony Walkman.
Il Walkman permetteva davvero di portare la musica sempre con sé in pochissimo spazio e con una qualità sonora notevole. Non aveva altoparlante, ma il suono era diramato attraverso una coppia di cuffie a filo, rendendone l’utilizzo discreto e personale.
Nella prima metà degli anni ’80 i dispositivi Walkman furono disponibile a tutti a prezzi molto convenienti e i più giovani lo elessero a icona di quel periodo.

 

L’apice del successo planetario delle musicassette e del Walkman coincise con l’inizio della loro fine. Fu anche la fine della tecnologia analogica e l’avvento dell’informazione digitale.
Nel 1969 la Philips, mise a punto un rudimentale sistema di riproduzione dati totalmente digitale, sfruttando le proprietà dei dischi ottici.
Unendo gli sforzi con la MCA (Music Society of America) nel 1978 introdussero sul mercato il primo lettore LaserDisc.
Sebbene fosse un sistema dalle considerevoli potenzialità, fu un flop commerciale pauroso: era troppo costoso per l’utenza media, che non ne apprezzava i vantaggi significativi rispetto al sistema VHS (che all’epoca era estremamente popolare). Con il suo diametro enorme, il LaserDisc era un supporto incredibilmente ingombrante;.

 

Allora Philips assieme a Sony, nel 1979 formò un consorzio per l’ulteriore sviluppo della tecnologia ottica. Questo consorzio, nel 1982, porterà alla nascita del primo disco ottico totalmente digitale della storia: il Compact Disc, comunemente abbreviato come CD che poteva contenere differenti formati logici, adatti non solo alla musica ma a immagazzinare dati più in generale e aveva un diametro di soli 12 cm e un processo produttivo molto più economico

 

Non avendo parti fisiche in contatto, il problema delle distorsioni e dei fruscii, presente nei sistemi a testina, veniva superato: il suono era classificabile come ‘puro’, senza disturbi all’origine. Verso la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, i costi di produzione e di commercializzazione si abbassarono enormemente; in pochissimi anni, il mercato passò dall’analogico al digitale pressoché in un lampo.

 

Il CD ebbe un ruolo importante anche nell’immagazzinamento dati in informatica e cominciò a scalzare anche il famoso floppy disk (sparito del tutto verso la fine degli anni ’90).
Sul modello dei Walkman a cassette, vennero prodotti anche i lettori CD portatili e il gap con le musicassette venne colmato.
I prezzi dei riproduttori CD (i cosiddetti ‘masterizzatori’) cominciarono a diventare convenienti per tutti e questo favorì lo scambio dati informatico ma anche l’inizio del mercato nero della pirateria. All’apice del suo successo, nel 2000, il formato CD audio aveva soppiantato totalmente musicassette, vinili e floppy disk (per l’immagazzinamento dati).

 

L’avvento della seconda ondata di Internet, tra il 1997 ed il 2002 circa, all’inizio del nuovo millennio aveva già profondamente cambiato usi e gusti delle utenze. I supporti di memoria fisica, di qualsiasi genere, cominciavano già ad essere sostituiti dal concetto di ‘rete’ e ‘streaming di contenuti’.
Verso il 2000 la compressione dati «Moving Picture Expert Group 1/2 Audio di livello 3», conosciuta commercialmente con l’acronimo «MP3» e le nuove memorie a stato solido con tecnologia flash iniziarono a rivoluzionare il mercato dell’elettronica e della musica.
Nel 1988, il consorzio MPEG (Moving Picture Expert Group), grazie a un mega-finanziamento dell’Unione Europea, cominciò a sviluppare un programma di ricerca per nuovi compressori audio e video da destinare a un mercato digitale che proprio allora cominciava a essere interessante per l’industria dell’intrattenimento.

 

Il consorzio produsse tutti codec audio e video che usiamo attualmente. Nel 1989 formulò basi standard per il primo codec audio assoluto: l’MPEG-1. Nel 1994, fu la volta dell’MPEG-2 che, standardizzato nello stesso anno, fu disponibile commercialmente nel 1995. Questo ultimo formato ha contribuito alla diffusione di massa dello streaming video su Internet ed è tutt’ora utilizzato come standard audio del formato DVD, oltre che dalle televisioni. Nel 1997, venne codificato il livello 3 del formato MPEG, che prese per l’appunto il nome di MP3.
L’MP3 è un algoritmo di compressione del tipo lossy, ovvero con perdita di dati che, comunque, l’orecchio umano non riesce a sentire: sono frequenze a cui siamo letteralmente sordi, presenti in qualsiasi vibrazione sonora, che l’algoritmo elimina, senza grossi problemi di qualità.
L’MP3 diventò ben presto il formato principe per l’audio: intere canzoni, su file pesantissimi in quanto in formati non compressi (si pensi ai .WAV ad esempio) potevano venire compresse in pochi MB (ottimale per la condivisione in rete).

 

Nel 2001, sull’onda del risanamento voluto da Steve Jobs, Apple Computer immise sul mercato un lettore musicale MP3. Il mercato dei CD era ancora floridissimo e dentro Apple stessa, molti dirigenti bollarono l’idea di Jobs come ‘stravaganza’, non intuendone in pieno tutte le opportunità.
Il primo iPod prodotto dalla mela californiana era un gioiello per l’epoca. Estremamente compatto e decisamente semplice da usare, anche per via dei suoi comandi molto funzionali che permettevano l’uso del dispositivo anche con una sola mano.
Il successo negli USA e nel Canada convinse Jobs a produrne una seconda generazione nel 2002, stavolta sensibile al tocco e la sincronizzazione anche per sistemi con Microsoft Windows.
Questo rese definitivamente obsoleti Walkman e lettori CD.
Il successo si dimostrerà talmente grande che Apple produrrà, dal 2001 e fino al 2008, costantemente, una nuova versione aggiornata dell’iPod classico ogni anno.

 

Accanto all’iPod originale nacquero tanti altri dispositivi derivati: l’iPod mini, l’iPod nano, l’iPod shuffle fino ad arrivare nel 2007, dove verrà commercializzato il primo iPod muti-touch, derivato in parte dal progetto iPhone che diventerà la punta di diamante della serie.
L’integrazione con i servizi di cloud computing e la possibilità di avere sempre la propria libreria disponibile tramite Internet, senza dover necessariamente caricare i file fisici sulla memoria dell’iPod, è solo una recente evoluzione di una storia cominciata molti decenni prima.